La psicoterapia di comunità

La cura della salute mentale implica la possibilità di sviluppare risorse interiori funzionali al miglioramento delle capacità relazionali dentro i contesti sociali di appartenenza

Composizione VIII – Kandinskij, 1923

Ispirato al modello di salute mentale community based, che ritroviamo nei più recenti rapporti dell’OMS (2001, 2005), l’approccio della psicoterapia di comunità prevede la presa in carico clinico-sociale delle sindromi psichiatriche, attivando spazi di convivenza, reti sociali intermedie, processi evolutivi di passaggio tra l’ambiente in cui la sofferenza mentale si manifesta e il contesto più ampio, la comunità sociale di appartenenza (Barone et al., 2010). Gli obiettivi socio-professionali della psicoterapia comunitaria possono essere perseguiti attraverso il modello gruppoanalitico. Quest’ultimo, infatti: 1) fonda la sua epistemologia sull’antropologia; 2) la sua prassi clinica si è sviluppata in setting individuali, gruppali, familiari, istituzionali e comunitari; 3) assume come centrale per l’intervento clinico il potere terapeutico dei pari e l’orientamento alla partecipazione sociale (Bruschetta et al., 2015, pp. 40-41).

Richiamando il pensiero del sociologo Elias (1938), Foulkes (1948) sottolineava infatti l’importanza – in ambito psicoanalitico – di riconoscere l’approccio sociogenetico (storico) allo studio della formazione del Super-Io. Approccio che si integra a quelli filogenetico (come precipitato della preistoria) e psicogenetico (come conseguenza della storia individuale): «la psicologia dell’individuo è paragonabile all’anatomia e patologia microscopica, cioè […] il microcosmo dell’individuo ripete e riflette i cambiamenti macroscopici della società di cui egli costituisce una parte. L’individuo non è soltanto dipendente dalle condizioni materiali, per esempio economiche, climatiche, del suo mondo circostante e della comunità, del gruppo in cui vive, le cui richieste sono trasmesse a lui attraverso i genitori o da figure genitoriali, ma è letteralmente permeato da esse. Egli è parte di una rete sociale, un piccolo punto nodale, per così dire, in questa rete e può solo artificialmente essere considerato isolatamente, come un pesce fuor d’acqua» (Foulkes, 1948, pp. 41-42). La nascita della gruppoanalisi foulksiana attraverso l’esperienza di Northfield risponde ad una domanda di cura – al contempo – storica, comunitaria e istituzionale. I dispositivi gruppali utilizzati, infatti, rappresentavano gli strumenti più adeguati per trattare un’emergenza clinica e sociale all’epoca della seconda guerra mondiale e all’interno dell’istituzione ospedaliera che accoglieva reduci di guerra. Pertanto, secondo Foulkes, il sociale non è solo una dimensione spazio-temporale esterna all’individuo, bensì anche interna all’individuo e fondante la costituzione della sua psiche.

Partendo da queste riflessioni, il vertice teorico della psicoterapia di comunità assume l’individuo come nato e concepito non solo all’interno di un gruppo, ma anche dentro una comunità (familiare, lavorativa, sociale), che diventa a sua volta soggetto curante, oltre che serbatoio di risorse terapeutiche (Bellia, 2010). Pertanto, la Salute Mentale viene concepita come il prodotto della costante riorganizzazione delle appartenenze gruppali di ogni individuo. La cura della salute mentale, di conseguenza, implica la possibilità di sviluppare risorse interiori funzionali al miglioramento delle capacità relazionali dentro i contesti sociali di appartenenza. In definitiva, nella concezione della psicoterapia di comunità i gruppi rappresentano «dispositivi di sostegno psico-socio-economico elaborati dalla pratica clinica analitico-gruppale per intervenire direttamente sul livello territoriale nel quale si articolano alcune fondamentali appartenenze gruppali degli individui. Tali dispositivi consentono infatti alle comunità di individui che condividono uno specifico territorio politicamente definito di partecipare a quei processi sociali di formazione civica, di maturazione affettiva e di sviluppo professionale in grado di sostenere la riorganizzazione continua delle loro gruppalità interne, anche in situazioni di disagio psico-socio-economico o di patologia mentale» (Bruschetta et al., 2014, p. 12).

Bibliografia

Barone, R., Bruschetta, S., Bellia, V. (2010). La comunità che cura, in Barone, R., Bellia, V. Bruschetta, S. Psicoterapia di comunità. Clinica della Partecipazione e politiche di salute mentale, Franco Angeli, Milano.

Barone, R., Bruschetta, S., Giunta, S. (2010), Gruppoanalisi e Comunità Terapeutica. FrancoAngeli, Milano.

Bellia, V. (2010). Foulkes, la comunità, la cura. Gruppoanalisi e psicoterapia di comunità, in Barone, R., Bellia, V. Bruschetta, S. Psicoterapia di comunità. Clinica della Partecipazione e politiche di salute mentale, Franco Angeli, Milano.

Bruschetta, S., Barone, R., Frasca, A. (2014). La valutazione clinica delle reti sociali e la psicoterapia di comunità orientata alla recovery per la grave patologia mentale. Franco Angeli, Milano.

Bruschetta, S., Bellia, V., Barone, R. (2015). Manifesto per una psicoterapia di comunità a sostegno della partecipazione sociale: la psicoterapia individuale e quella di gruppo rispondono ancora ai bisogni di cura della società? Plexus, Rivista del Laboratorio di Gruppoanalisi, n°14-15.

Elias, N. (1938). Uber den prozess der Zivilization. The International Journal of Psychoanalysis, Vol. XIX, 2.

Foulkes, S. H. (1948). Introduction to group-analytic psychotherapy, London, Heinemann; trad. It. Introduzione alla psicoterapia gruppoanalitica, Roma, EUR, 1991.

OMS (2001). Rapporto sulla salute mentale: nuova visione, nuove speranze, Geneve.

OMS (2005). Dichiarazione sulla salute mentale per l’europa. Affrontare le sfide, creare le soluzioni. Helsinki.