
Fra le tante, preziose, riflessioni di Franco Basaglia riporto in questo articolo di approfondimento uno scorcio di contributo offerto dal noto psichiatra in occasione delle Conferenze Brasiliane nel 1979:
“Io ho detto che non so che cosa sia la follia. Può essere tutto o niente. È una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia.” (Basaglia, Conferenze brasiliane, 1979).
Malgrado diversi passi in avanti siano stati fatti nel campo della salute mentale nel corso dei secoli, rimane tutt’oggi un inquietante alone di pregiudizio e, forse, di mistero ad appannare la comprensione della sofferenza psicologica. Per questo motivo mi sembra utile citare una recente definizione di salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nell’ambito del Piano d’azione per la salute mentale 2013-2020: “la salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o di infermità. […] Una buona salute mentale consente agli individui di realizzarsi, di superare le tensioni della vita di tutti i giorni, di lavorare in maniera produttiva e di contribuire alla vita della comunità. Cosa si intende per salute e benessere mentale? È uno stato di benessere emotivo e psicologico cui l’individuo tende costantemente nelle alterne situazioni dell’esistenza e nel quale è in grado di: • realizzare i propri bisogni a partire dalle proprie capacità cognitive ed emozionali; • esercitare la propria funzione nella società e nella vita di comunità costruendo e mantenendo buone relazioni; • far fronte alle esigenze della vita quotidiana, superando le tensioni e gestendo ed esprimendo le proprie emozioni e le proprie capacità di cambiamento per raggiungere una soddisfacente qualità di vita; • operare le proprie scelte ed esprimere la propria creatività e spirito di iniziativa lavorando in maniera produttiva.
Ciascuno di noi, nel corso della propria esistenza, sperimenta una quota di disagio legata ad ansie, preoccupazioni, paure, rabbia, frustrazione e così via. Quando la portata di tali disagi non è più gestibile a causa della mancanza o della fragilità di risorse interne o esterne all’individuo, è possibile che si manifestino problemi di salute mentale. Il Ministero della Salute distingue il disagio mentale dal disturbo mentale e dalla malattia mentale (http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_opuscoliPoster_422_allegato.pdf). Se il primo è caratterizzato da una condizione di sofferenza legata a difficoltà di varia natura nella vita affettiva e di relazione senza che si instauri un sintomo specifico, il secondo coincide con quella condizione in cui l’individuo non trova risoluzione alla sofferenza posta dalla condizione di disagio; pertanto, la prolungata e intensa sofferenza può determinare alterazioni del pensiero e/o dei comportamenti che si manifestano attraverso i sintomi. La stabilizzazione e l’incuria del disturbo mentale possono finire per configurare una vera e propria condizione di malattia mentale a lungo termine, che, se non adeguatamente trattata, può deteriorare in disabilità interferendo con la vita sociale e lavorativa e aggravarsi con il rischio di emarginazione sociale.
Oggi, diverse istituzioni pubbliche e private sono nelle condizioni di prendere in carico le diverse forme di sofferenza genericamente elencate sopra. La consultazione psicologica, la psicoterapia o l’accoglienza in strutture ospedaliere e comunitarie sono tutti esempi di strumenti utili ad affrontare le diverse forme di sofferenza mentale. Qualunque approccio alla cura, inoltre, si basa sulla consapevolezza di guardare al problema attraverso una visione complessa e multidimensionale. In altre parole, la clinica della sofferenza mentale non può tralasciare, nella formulazione di diagnosi e progetti terapeutici, le riflessioni sulla cultura che accoglie disagi, sintomi e malattie mentali. Entrare a contatto con professionisti della salute mentale garantisce dunque una corretta informazione sui disagi che si vivono e sul diritto di ricercare o rafforzare gli strumenti e le risorse utili a perseguire il benessere mentale. Tuttavia, il pregiudizio che ancora oggi si accompagna alla sofferenza mentale spinge a vergognarsi della propria condizione di disagio tanto da evitare di chiedere un aiuto professionale e, nei casi più gravi, procura emarginazione e discriminazione ai danni delle persone sofferenti. Bisogna infatti ricordare che “i diritti delle persone con disturbo mentale non sono differenti da quelli di tutti gli altri cittadini, secondo il dettato costituzionale, indipendentemente dalla concreta possibilità di esercitarli a pieno. La particolare vulnerabilità di tali soggetti richiede, infatti, che sia rafforzato, per essi, il riconoscimento di piena cittadinanza, concretamente difeso e promosso sia attraverso il rispetto dei diritti fondamentali che l’adempimento dei doveri (http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_opuscoliPoster_422_allegato.pdf).