
Secondo il fenomenologo ed esistenzialista svizzero Ludwich Binswanger il disagio mentale coincide con una particolare disposizione soggettiva nei confronti della realtà, un particolare modo di essere-nel-mondo (Carotenuto, 1992). E l’essere-nel-mondo implica costituzionalmente l’interazione con l’altro. Come chiarisce Galimberti: “ogni esistenza è originariamente una co-esistenza (Mit-dasein) che dischiude uno spazio psichico o vissuto che è poi il mondo che si ha in comune (Mit-welt). […] Il punto di partenza è l’umana presenza (Dasein) nel suo originario essere nel mondo (In-der-Welt-sein), senza distinzione tra “sano di mente” e “alienato”, perché sia l’uno che l’altro appartengono allo stesso “mondo”” (Galimberti, 1999).
Se tutte le esperienze emotive e affettive sono da collocarsi all’interno di un’ottica intersoggettiva, l’incontro con lo psicoterapeuta è da considerarsi come una nuova ed unica esperienza intersoggettiva in cui si interroga il proprio essere-nel-mondo attraverso la condivisione del disagio e della sofferenza. Collocare la richiesta d’aiuto all’interno di questo quadro esistenzialista, significa dunque coglierne uno dei principali aspetti relazionali: condividere vissuti, esperienze e sentimenti all’interno di una specifica relazione duale.
La richiesta d’aiuto e la stessa modalità attraverso cui essa viene espressa (ad es. in maniera diretta o mediata da familiari o conoscenti) racconta qualcosa del nostro modo unico e autentico di essere nel mondo: giungiamo nella stanza di cura, infatti, con un insieme complesso e articolato di immagini, pensieri, fantasie e aspettative che descrivono noi stessi, la nostra sofferenza e la domanda di cura ad essa associata. Sarà compito del terapeuta accogliere e decodificare i messaggi espliciti e impliciti che vengono veicolati già a a partire dal primo contatto.
Nell’accoglienza di qualunque domanda di cura, sia che essa sia formulata in assetto privato o in un servizio pubblico, il terapeuta analizzerà la richiesta attraverso “l’esplorazione delle simbolizzazioni affettive agite” (Carli e Paniccia, 2004), ovvero attraverso l’esplorazione dei significati attribuiti alla relazione in atto e dei ruoli che la definiscono. L’analisi della relazione fra i principali attori in gioco (paziente, terapeuta, inviante, familiari e così via) raccoglie elementi importanti per la successiva formulazione di una psicodiagnosi, che secondo la psicoanalista McWilliams (2012) è una diagnosi relazionale o, meglio, un’analisi della relazione fra terapeuta e paziente all’interno del setting terapeutico. In quest’ottica, tutti gli “avvenimenti relazionali” che si avviano a partire dal primo contatto andranno a delineare la domanda di cura e consentiranno di mettere in luce principali modalità di funzionamento psicologico e relazionale del paziente.
Bibliografia
Carli R., Paniccia R.M., Analisi della domanda. Teoria e tecnica dell’intervento in psicologia clinica. Il Mulino, 2004, pp. 9-10.
Carotenuto, A. (1992). Dizionario Bompiani degli Psicologi Contemporanei, Bompiani, Milano.
Galimberti, U. (1999). Psichiatria e fenomenologia, Feltrinelli, Milano, pag. 41, 57-58.
McWilliams, N. (2012). La diagnosi psicoanalitica. Seconda Edizione a cura di V. Caretti e A. Schimmenti, Astrolabio Editore, Roma, 2012.